OPI | Ordine delle Professioni infermieristiche Cagliari

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Anche la Fnopi, rappresentata dalla sua presidente Barbara Mangiacavalli e dalla vicepresidente Ausilia Pulimeno, ha partecipato agli Stati generali convocati a Roma dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. La Federazione ha esposto il percorso futuro della professione e dell’assistenza sanitaria chiedendo il potenziamento della presa in carico sul territorio e a domicilio dei soggetti che versano in condizione di fragilità.

 

“In particolare” hanno spiegato a Conte Mangiacavalli e Pulimeno, “è necessario prevedere che l’infermiere di famiglia e comunità partecipi all’attuazione dei piani di assistenza territoriale da disegnare con una reale multi professionalità per identificare e gestire i contatti, l’organizzazione dell’attività di sorveglianza attiva e ricopra un ruolo di responsabilità nell’ambito dei processi infermieristici a livello distrettuale”.

 

Poi le richieste per la professione, prima tra tutte la realizzazione di un‘area contrattuale infermieristica che riconosca peculiarità, competenza e indispensabilità ormai evidenti della categoria.

 

“Serve anche un ulteriore adeguamento delle dotazioni organiche oltre i numeri dei decreti legati all’emergenza – prosegue Mangiacavalli – con l’aggiornamento della programmazione degli accessi universitari: gli infermieri non bastano, ne mancano 53mila ma gli atenei puntano ogni anno al ribasso”.

 

Poi le questioni economiche, ricordando che gli infermieri in Italia sono tra i meno pagati d’Europa: la loro retribuzione è compresa tra i 1200 e i 1600 euro al mese. Le richieste Fnopi sono di una indennità infermieristica che, al pari di quella già riconosciuta per altre professioni sanitarie della dirigenza, sia parte del trattamento economico fondamentale, non una “una tantum” e riconosca e valorizzi sul piano economico le profonde differenze rispetto alle altre professioni, sempre esistite, ma rese evidenti proprio da Covid-19.

 

Per approfondimenti: https://www.fnopi.it/2020/06/21/stati-generali-proposte-infermieri/

 

L’infermiere di famiglia e di comunità sarà la figura centrale per garantire l’assistenza, la coesione sociale e il contrasto alle disuguaglianze di salute nelle zone montane e le isole minori, le cosiddette “aree interne”. È quanto è emerso nel corso di un incontro avvenuto lo scorso 6 novembre a Roma tra la Fnopi (rappresentata dalla vicepresidente Ausilia Pulimeno e dal portavoce Tonino Aceti e dal capo gabinetto del ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Francesco Rana.

 

Il rappresentante del ministro ha inoltre chiesto alla Federazione di lavorare assieme per definire la legge quadro sull’autonomia differenziata. Rana ha esplicitamente chiesto alla Fnopi di dare un supporto attivo al ministero nella predisposizione della legge quadro, proposta condivisa dalla Fnopi che ha sottolineato l’importanza di garantire universalità, solidarietà ed equità nell’assistenza.

 

Per quanto riguarda le “aree interne”, si tratta della cura di oltre un terzo del territorio italiano (le zone montane coprono il 35,2 per cento e le isole minori l’uno per cento del territorio nazionale), per le qualiil disegno di legge di bilancio 2020 ha previsto un finanziamento extra di 60 milioni per il 2020 e di 70 milioni per ciascuno degli anni successivi che si aggiungono al Fondo attuale. Per consentirlo, è necessario che la presenza di questo nuovo modello di assistenza sia introdotto in modo omogeneo nel Patto per la salute che le Regioni stanno disegnando con il ministero della Salute.

 

È dunque importante che nel Patto per la salute sia presente la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità, così come già lo è in molte Regioni italiane e come è stato disegnato a livello internazionale, Oms in testa. Argomento che il Capo Gabinetto degli Affari regionali ha giudicato rilevante, offrendo disponibilità ad un percorso di collaborazione.

 

Per approfondimenti:

http://www.fnopi.it/attualita/incontro-fnopi-affari-regionali-infermiere-di-famiglia-pivot-per-le-aree-interne-id2774.htm

Gli operatori sanitari che maneggiano farmaci citotossici, che vengono utilizzati principalmente come terapia chemioterapica per curare il cancro, hanno una probabilità tre volte maggiore di sviluppare patologie maligne, e tra la popolazione femminile le infermiere esposte a farmaci citotossici hanno il doppio delle probabilità di incorrere in un aborto. Sono questi alcuni dati esposti lo scorso 29 ottobre a Roma nel corso dello European Biosafety Summit. Per la Fnopi ha partecipato ai lavori la vicepresidente nazionale, Ausilia Pulimeno.

 

Sono 12,7 milioni i professionisti che si occupano del settore salute (di cui 7,3 milioni di infermieri), che ogni anno, in Europa, sono potenzialmente esposti a farmaci pericolosi cancerogeni, mutageni e teratogeni. Secondo i dati della Commissione Europea, relativi al 2012, fino a 106.500 morti per tumori sono stati attribuiti all`esposizione professionale a sostanze cancerogene.

 

Il Summit si è focalizzato sui recenti emendamenti approvati nel giugno 2019 relativi alla direttiva sugli agenti cancerogeni e mutageni, che per la prima volta vede riconosciuto questo problema a livello europeo e che impone alla Commissione Europea di presentare una relazione entro giugno 2020 su una sua possibile risoluzione, attraverso una proposta legislativa.

 

Per Sandra Zampa, sottosegretario presso il ministero della Salute, “questa è una questione vitale e esamineremo con molta attenzione ciò che viene discusso e ciò che può essere fatto per garantire una maggiore sicurezza”.

 

Per approfondimenti:

http://www.fnopi.it/attualita/operatori-sanitari-i-rischi-per-la-salute-in-ospedale-biosafety-summit-a-roma-id2765.htm