OPI | Ordine delle Professioni infermieristiche Cagliari

    • Contrast
    • Layout
    • Font

“HIV: tra scienza e coscienza. La parola agli esperti” è il tema dell’incontro che l’Opi di Cagliari organizza il prossimo martedì 3 dicembre all’Hotel Panorama di viale Diaz. La partecipazione garantirà 5,3 crediti Ecm per gli infermieri e gli infermieri pediatrici.

 

Dopo l’inizio della registrazione di partecipanti, a partire dalle 8.30, seguirà il saluto e l’introduzione al lavori da parte del presidente dell’Opi di Cagliari Pierpaolo Pateri, si entrerà nel vivo del confronto con la relazione di Claudio Pirarba su “Lo scenario HIV nella visione infermieristica: counsellining e profilassi”.

 

“lo scenario HIV nella visione medica: profilassi pre-esposizione e problematiche etiche” saranno invece i temi trattati dal dottor Francesco Ortu, mentre delle nuove frontiere terapeutiche parlerà la dottoressa Paola Piano.

 

Il convegno proseguirà con la relazione del dottor Francesco Ortu su “La diagnostica di Laboratorio: verso una diagnosi sempre più precoce”.

 

Dopo il coffee break, una tavola rotonda, moderata dal giornalista Vito Biolchini e a cui parteciperanno Francesco Ortu, Paola Piano, P. Usai e Claudio Pirarba, approfondirà il tema “HIV e MST: strategie profilattiche e giovani. Rapporto costo beneficio degli interventi, le questioni ancora aperte”.

 

Alla tavola rotonda seguirà un omento di confronto e di approfondimento con i presenti, prima delle conclusioni e degli adempimenti Ecm.

 

Soddisfatti per la loro formazione e per il rapporto con i colleghi senior ma insoddisfatti per lo stipendio, ritenuto non è adeguato alle responsabilità. Non a caso, il 50 per cento vorrebbe comunque cambiare posto di lavoro (e i settori maggiormente ambiti sono quelli dell’emergenza/urgenza e della terapia intensiva).

 

È quanto emerge da un sondaggio condotto dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche che con Fnopi Giovani sta tracciando il profilo completo della professione infermieristica nel nostro Paese.

 

Gli infermieri under 30 in Italia oggi sono il 15 per cento degli infermieri attivi. Di questi, il 70 per cento sono donne e il 30 uomini. E se l’80 per cento lavora in una struttura pubblica a tempo indeterminato, il 13 per cento è libero professionista mentre il 7 è ancora in cerca di lavoro.

 

L’ambito clinico lavorativo in cui si registra maggiore soddisfazione da parte degli infermieri è quello dell’emergenza urgenza e della terapia intensiva, settore notevolmente ambito anche da coloro che lavorano in campo medico e chirurgico.

 

La maggior parte dei partecipanti al sondaggio ha conseguito la laurea tra il 2013 e il 2018 e il 34 per cento di loro ha acquisito anche una formazione post-base (laurea magistrale/specialistica, master di primo livello prevalentemente nell’area emergenza/urgenza, chirurgica, territoriale wound care, management).

 

L’82 per cento dei professionisti lavora nella regione in cui risiede ma il 5 per cento farebbe un’esperienza all’estero.

 

“Il risultato del sondaggio – spiega Nicola Draoli, responsabile per il Comitato centrale della Federazione del settore Fnopi Giovani – mette in evidenza anche criticità legate alla qualità dello specifico posto di lavoro: è l’organizzazione dei servizi che spesso non va. L’indagine è comunque uno sprone per i livelli organizzativi a riqualificare velocemente i setting di lavoro residenziali territoriali per renderli attirativi e adeguati alla professione così come si rende necessario lavorare fin dal percorso formativo di base su un maggior orientamento alla territorialità e non solo al settore dell’area critica”.

 

Per approfondimenti:

http://www.fnopi.it/attualita/fnopi-giovani-i-giovani-infermieri-nella-professione-uno-scatto-tra-i-millennials-id2779.htm

 

In Italia il rapporto tra infermieri e medici resta uno dei più bassi dei ventisette paesi Ocse: appena 1,5 contro una media di 2,7. Non solo: rispetto a una media Ocse di 8,8 professionisti ogni mille abitanti, da noi ce ne sono solo 5,8. Mentre di medici rispetto a una media Ocse di 3,5 l’Italia ne ha 4 ogni mille abitanti.

 

I dati sono riportati dal rapporto OECD Health at a Glance 2019, appena diffuso dall’Ocse, e non possono costituire una vera novità. A preoccupare è piuttosto l’invecchiamento della popolazione sia infermieristica che medica, con un aumento medio dal 2000 al 2017 del 36 per cento di “anziani”, ovvero di infermieri al di sopra dei 50 anni e per i medici dei 55 anni.

 

In questo quadro spicca anche il dato di servizi di prevenzione al di sotto della media Ocse (68 per cento in Italia contro una media del 73) e quello dell’aumento della disabilità legato all’invecchiamento della popolazione.

 

Secondo il rapporto Ocse l’Italia ha attualmente la seconda prevalenza più alta di demenza in tutti gli stati dell’Organizzazione (23 casi per 1000 abitanti). Entro il 2050, le proiezioni stimano che più di una persona su 25 vivrà con demenza.

 

Ma nonostante questo, l’Italia ha speso meno dello 0,6 per cento del Pil per l’assistenza a lungo termine nel 2017 e, sebbene il numero sia in aumento, l’Italia ha il quinto più basso numero di letti per lungodegenza.

 

L’Ocse sottolinea in questo senso la necessità di “un passaggio verso l’assistenza sanitaria primaria basata su team che integrino in modo flessibile le competenze di vari operatori sanitari per migliorare i risultati in pazienti con patologie croniche e multimorbidità (team interprofessionali per pazienti complessi nelle cure primarie)”.

 

“Per la prima volta l’Ocse mette in forte evidenza anche i rischi legati all’aumento di cronicità e disabilità e indica come cura quella che noi stiamo da tempo proponendo: team multiprofessionali soprattutto nell’assistenza di base, sul territorio – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche – nel quale per noi la figura naturale accanto ai medici di medicina generale è l’infermiere di famiglia e di comunità”.

 

Per approfondimenti:

http://www.fnopi.it/attualita/ocse-health-at-a-glance-2019-team-professionali-per-fronteggiare-cronicita-e-disabilita-id2776.htm

L’infermiere di famiglia e di comunità sarà la figura centrale per garantire l’assistenza, la coesione sociale e il contrasto alle disuguaglianze di salute nelle zone montane e le isole minori, le cosiddette “aree interne”. È quanto è emerso nel corso di un incontro avvenuto lo scorso 6 novembre a Roma tra la Fnopi (rappresentata dalla vicepresidente Ausilia Pulimeno e dal portavoce Tonino Aceti e dal capo gabinetto del ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Francesco Rana.

 

Il rappresentante del ministro ha inoltre chiesto alla Federazione di lavorare assieme per definire la legge quadro sull’autonomia differenziata. Rana ha esplicitamente chiesto alla Fnopi di dare un supporto attivo al ministero nella predisposizione della legge quadro, proposta condivisa dalla Fnopi che ha sottolineato l’importanza di garantire universalità, solidarietà ed equità nell’assistenza.

 

Per quanto riguarda le “aree interne”, si tratta della cura di oltre un terzo del territorio italiano (le zone montane coprono il 35,2 per cento e le isole minori l’uno per cento del territorio nazionale), per le qualiil disegno di legge di bilancio 2020 ha previsto un finanziamento extra di 60 milioni per il 2020 e di 70 milioni per ciascuno degli anni successivi che si aggiungono al Fondo attuale. Per consentirlo, è necessario che la presenza di questo nuovo modello di assistenza sia introdotto in modo omogeneo nel Patto per la salute che le Regioni stanno disegnando con il ministero della Salute.

 

È dunque importante che nel Patto per la salute sia presente la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità, così come già lo è in molte Regioni italiane e come è stato disegnato a livello internazionale, Oms in testa. Argomento che il Capo Gabinetto degli Affari regionali ha giudicato rilevante, offrendo disponibilità ad un percorso di collaborazione.

 

Per approfondimenti:

http://www.fnopi.it/attualita/incontro-fnopi-affari-regionali-infermiere-di-famiglia-pivot-per-le-aree-interne-id2774.htm